Non si può parlare di Bamberga senza nominare un personaggio come l’Imperatore Enrico II detto “il Santo”, il principale fautore storico della grandezza di quella città.

Enrico II il Santo nacque a Bad Abbach il 6 maggio 973, morì a Grona il 13 luglio 1024 e fu  sepolto nel Duomo di Bamberga; era figlio di Enrico II di Baviera e di Gisella di Borgogna e crebbe in un fervente ambiente cristiano. Enrico ebbe un fratello, Bruno, che rinunciò agli agi della vita di corte per divenire pastore di anime come Vescovo di Augusta (Augsburg), nonché due sorelle: Brigida, che si fece monaca, e Gisella, che andò in sposa a un futuro Santo, il re d'Ungheria Stefano; la bisnonna paterna Matilde di Ringelheim era divenuta Santa già nel 968. Votato inizialmente a una carriera ecclesiastica, ricevette un’educazione scrupolosa presso la scuola capitolare di Hildersheim e a Ratisbona (Regensburg) presso il santo Vescovo Wolfango. Là acquisì un profondo senso della pietà ed una precisa conoscenza dei problemi religiosi mentre si preparava all'esercizio del potere che presto avrebbe dovuto esercitare:

- alla morte del padre, nel 995, divenne Duca di Baviera con il nome di Enrico IV di Baviera;
- in seguito alla morte, 23 gennaio 1002, del cugino Imperatore Ottone III di Sassonia (molto filo-italiano), venne eletto Imperatore, ossia Re di Germania (Re dei Franchi) e Re d’Italia (Re degli Italici)
- il 7 giugno 1002 nel Duomo di Magonza fu incoronato Re di Germania e subito nominò suo cancelliere Alberico, vescovo di Como ;
- il 14 maggio 1004 nel Duomo di Pavia dall'arcivescovo di Milano, Arnolfo II, fu incoronato Re d’Italia;
- il 14 febbraio 1014 a Roma, in S.Pietro, fu infine incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero da Papa Benedetto VIII.
- morì il 13 luglio 1024 e fu canonizzato nel 1146 da Papa Eugenio III e da allora sarà ricordato nel calendario cattolico ogni 13 luglio.

Fu sepolto nel Duomo di Bamberga, città che aveva reso "sua" capitale.  Con lui si estinse la dinastia degli Ottoni di Sassonia. Enrico II è un esempio di rettitudine nell'arte del governare: per questo oltre che santo è patrono delle teste coronate.

Enrico si dedicò fondamentalmente a risolvere i problemi degli equilibri di potere tra i vassalli che si erano spezzati, soprattutto a seguito dell'orientamento prevalentemente italiano nella politica dei suoi predecessori. Negli anni del suo regno dovette così combattere a lungo contro vari signori ribelli, come Baldovino di Fiandra, Federico conte di Lussemburgo, Enrico duca di Baviera, l'arcivescovo di Metz o il duca Boleslao che, alla fine ottenne l'indipendenza e il titolo di Re della Polonia.
A causa di questi problemi, la sua attenzione per la situazione in Italia fu minore dei suoi predecessori e sempre episodica:
- Vi scese una prima volta ufficialmente nel 1004 per sconfiggere Arduino d'Ivrea, che i grandi signori italici avevano eletto Re d'Italia alla morte dell’Imperatore Ottone III. Una volta sconfitto Arduino, Enrico cinse a Pavia la Corona del Regno, incoronato dall'arcivescovo di Milano, circondato dai Vescovi di Verona, Brescia e Bergamo.
- Scese una seconda volta nell'autunno del 1013 - 1014, per porre fine ai disordini di Roma sorti per le controversie tra la famiglia Crescenzi e dei Conti di Tuscolo per l’elezione del Papa. Risolta la contesa, fu incoronato Imperatore dal neo eletto papa Benedetto VIII.
- Scese una terza volta nel 1021 -1022 per condurre una breve campagna militare in Puglia e Campania contro i Bizantini e per rivendicare i diritti dell'Impero sulle terre già longobarde dell'Italia meridionale; riprese alcune città, che nel frattempo erano state prese dai Bizantini, distribuì terre ai Normanni, fondandone la futura dominazione, e sottomise i vari principi ribelli.


Segnata dall’impronta del realismo e della chiaroveggenza, la politica di Enrico II fu caratterizzata dall’abbandono delle grandiose mire universaliste di Ottone III e dal rafforzamento dell’alleanza tra potere imperiale e la Chiesa. Molto religioso e convinto assertore delle responsabilità dell'Imperatore nei confronti della fede e della prosperità dei suoi sudditi, esercitò sulla Chiesa e sui monasteri tedeschi un forte controllo, inteso in primo luogo a promuovere una riforma morale dei costumi nello spirito dell'ordine cluniacense, e a livello politico per renderli un contrappeso valido e sostanziale rispetto al potere e all'ingerenza dell'aristocrazia laica, così come era già stato fatto dai suoi predecessori. Fu assai sensibile ad un sano rinnovamento della vita monastica, appoggiando alcuni riformatori come Riccardo di Saint-Vanne, sostenendo l’Abbazia di Cluny, centro di riforma della Chiesa, e il suo Abate Odilone , che fu tra i suoi consiglieri.

Sovrano consacrato alla più alta carica religiosa, presidente dei sinodi episcopali, canonico di alcune cattedrali, accrebbe notevolmente l’autorità del clero.
- Nel 1004 aveva restaurato l’Arcivescovado di Merseburg
- Nel 1007 aveva fondato, con propri fondi, il vescovato di Bamberga, nonostante l’opposizione del vescovo di Würzburg, per fare di esso un focolare di cristianità e un centro di cultura romano-germanica in mezzo a genti slave nell'Europa centrale. Fu suo merito l'aver promosso dovunque tregue tendenti a por fine alle violenze dei signori e alle loro guerre private.
- Nel 1013 prende sotto la propria protezione l'abbazia benedettina di Sansepolcro, nell'Alta Valle del Tevere, di cui, in alcuni privilegi degli anni successivi, si dirà fondatore.
- Nel 1022, presiedette, insieme al pontefice, il Concilio di Pavia, a conclusione del quale vennero emanati sette canoni contro il concubinato dei sacerdoti e per la difesa dell'integrità dei patrimoni ecclesiastici: questo concilio è considerato un momento importante nel processo di riforma delle Chiesa dell'XI secolo.
Fu lui a sollecitare l'introduzione del Credo nella Messa domenicale.

- Nel 1023 si fa promotore di un proficuo incontro ad Ivoy con Roberto “il Pio” Re di Francia, per ricercare le "vie della pace alla Chiesa Santa di Dio".
- Nel 1024, la sua morte, avvenuta il 13 luglio, fu accompagnata in Italia da sommosse di popolo ma in Germania da un'irreale assenza di conflitti intestini tra i principi, segno di una politica interna che alla lunga aveva dato i suoi frutti.
- Nel 1146, Enrico II venne canonizzato da Papa Eugenio III quale Imperatore devoto in un periodo di grande incertezza del potere imperiale e papale, con la città di Roma elevata a Libero Comune e le predicazioni pauperiste di Arnaldo da Brescia che scuotevano gli animi.


Anche sua moglie, Cunegonda di Lussemburgo (978 – 1039), rientra nel novero dei Santi della Chiesa Cattolica. L’Imperatore del Sacro Romano Impero Sant’Enrico II e sua moglie Santa Cunegonda di Lussemburgo vissero in tempi «precari», ma il loro rapporto non fu precario e divenne di esempio per tutto il mondo occidentale e insieme si adoperarono per rinnovare la vita della Chiesa e propagare la fede cristiana in tutta l’Europa.
Durante tutto il suo regno Enrico ebbe al suo fianco Cunegonda, incoronata regina nel 1002 a Paderborn, e a lei “donò” come regalo di nozze (Morgengabe), avvenute nel 997, la città di Bamberga di cui divenne Santa Protettrice. Le fonti attestano che ella svolse un ruolo politico di primo piano. Fondò il monastero femminile di Kaufungen, vicino a Kassel, nel 1021. La coppia imperiale non ebbe figli e la causa viene rimandata a due ipotesi: voto di castità dei coniugi oppure sterilità. Alla fine dell’XI secolo sorse la tradizione della castità degli sposi. I primi a descriverla furono alcuni monaci dell’Abbazia di Monte Cassino, molto legati all’Imperatore, Amato e Leone d’Ostia.
Secondo altre fonti, contemporanee ai fatti storici, viene attestata la sterilità di Santa Cunegonda; le indiscrezioni sul matrimonio imperiale poggiano su tre brevi testi: - Il cronista Titmaro di Merseburg riferisce la dichiarazione fatta da Enrico II al Sinodo di Francoforte del 1007: «… per mia ricompensa divina, ho scelto Cristo come erede, poiché non mi resta più alcuna speranza di avere una discendenza».  - Il Vescovo Arnoldo di Halberstat (novembre 1007) ad un suo confratello di Würzburg: «... rifiutandogli una discendenza umana, farà di Dio, a Lui piacendo, il suo erede».  - Il monaco cluniacense Rodolfo il Glabro lascia scritto (prima del 1047): «Vedendo che da Cunegonda egli non poteva avere figli, non se ne separò a causa di questo, ma accordò alla Chiesa di Cristo tutto il patrimonio che avrebbe dovuto a dei figli».
Nell’Alto Medioevo, una simile situazione terminava spesso con il ripudio della sposa e, come scrisse Rodolfo il Glabro, il fatto essenziale che colpì i contemporanei e fondò i termini per la reputazione di santità, fu proprio "l’inaudito" rifiuto dell’Imperatore di ripudiare la moglie. La ragione di tale scelta è stata cercata nella profonda pietà cattolica dell’Imperatore; pietà che gli veniva da una tradizione ottoniana: i comportamenti matrimoniali costituirono un punto capitale delle relazioni fra gli Ottoni e la Chiesa. Infatti i suoi predecessori osservarono sempre una condotta matrimoniale esemplare: una stretta monogamia, unioni canonicamente irreprensibili, l’assenza di figli illegittimi e ripudi caratterizzarono la loro vita familiare. Emblematica una biografia commissionata dallo stesso Enrico II (la Vita della sua bisavola Santa Matilde) dove il sacramento matrimoniale primeggia: l’unione sponsale è qui celebrata come indissolubile e spiritualmente benefica per ogni coniuge. Ne emerge una coppia di sposi di stampo evangelico, modello di vita coniugale. Enrico II non volle essere da meno della sua antenata e fu molto deciso nel credere e testimoniare l’indissolubilità matrimoniale tenendo per sposa la sua Cunegonda.

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