Bamberga. Cesare e Bernardo: riflessi di storia italiana nelle vite di due bergamaschi.

Bamberga
. Il cognome così... "strano" era arrivato a Bergamo con quello che divenne "il nonno" Battista Giovanni; costui era nato a Invorio (provincia di Novara, Regno di Sardegna), primogenito di sette, da Agabio e Maddalena Decarlini, nel 1846 e si era sposato con Fiorina Caterina nel 1870, iniziando la sua attività di commerciante ambulante. Ebbe, come allora si usava tra bravi italiani, nove figli. Aveva già sicuramente battuto tutti i paesi della provincia quando, un giorno, assieme al suo quintogento, Cesare, nato nel 1877, nel suo pellegrinare e superando le ormai "vecchie frontiere" col Lombardo-Veneto austriaco, ebbe a percorrere per la prima volta le strade della città di Bergamo sul finire del secolo.
Il Battista doveva essere un tipo energico, forte e robusto (o, come si usa dire in terra orobica, "svelto") se, come si raccontava con orgoglio in famiglia, un giorno, mentre passava nei pressi della, da poco ricostruita, Chiesa della Madonna delle Grazie, ebbe a salvare, prendendola al volo, una bambina precipitata da una finestra dell’ultimo piano della casa adiacente.
Viaggiava normalmente con lui, sul suo calesse, il figlio poco più che ventenne, apprendista commerciante, ma il giovane Cesare (non si sa se si trattò del classico "colpo di fulmine") fu presto "preso" da questa tranquilla e operosa città che esprimeva pure i segni della recente buona amministrazione asburgica... ma anche, e soprattutto, fu "preso" dagli occhi di una certa bella e giovane ricamatrice di nome Susanna Teresa. Inutile dire che non serviva altro per convincerlo a mettere radici...
Nel 1902 si sposò con la sua bella e prese casa (in quella che verrà in seguito chiamata la "casa veneziana" per via della sua tipica facciata) all'inizio della via Gombito che era allora la via centrale della città, l'Alta Città... perché in basso vi erano solo dei "borghi" periferici; acquistò per la sua attività il negozio quasi di fronte alla casa iniziando un commercio di tabaccheria e vari articoli (minimarket, diremmo oggi).
Era l'inizio del “ramo” bergamasco del cognome.
Nasce nel 1903 Bernardo, il primo "bambergamasco", che viene battezzato nel Battistero del Giovanni da Campione in Piazza Duomo. Presto però il papà Cesare diventa il concessionario unico per la Valle Brembana della ditta Singer e deve perciò trasferire casa e negozio a Zogno in via Cavour da dove partirà con il calesse per le strade polverose della valle. Lì nasce anche la sorella Ida, che andrà poi sposa a Eliseo Riva proprietario di uno storico mobilificio bergamasco. Il papà Cesare viene richiamato per lo scoppio della Prima Guerra Mondiale; dopo un anno in Adamello, per l’età avanzata, passa nella riserva della Milizia Territoriale e rimane per il resto della guerra nella “contraerea” di protezione al ponte e alla centrale elettrica di Trezzo.
Alla fine della guerra i commerci sono cambiati e così la famiglia torna a Bergamo: la casa in Piazza Pontida e il nuovo negozio è il Bar Diana proprio sotto la sede attuale di quello, che diverrà, “storico” Ducato di Piazza Pontida, nel centro della Bergamo Bassa storica, Borgo San Leonardo.
E lì Bernardo cresce, diventa un ragazzo forte (partecipa a gare di lotta libera vincendo qualche medaglia, diventa uomo prestando servizio di leva in Artiglieria ed al ritorno (siamo nel 1924) la sua passione per la meccanica fa di lui la patente n° 595 di Bergamo.
Orgoglioso di ciò e aperto all'avventura, decide di accettare l’offerta della ditta Gondrand che era alla ricerca di autisti disposti ad andare in Algeria per guidare i suoi camion necessari al trasporto di materiale da costruzione.
Una foto storica lo ritrae perciò alla fine degli anni ’20 sotto una palma africana intento a sfogliare proprio “il GIOPI’”, il giornale del famoso Ducato.
La sua storia al rientro prosegue con l’acquisto di due auto “Balilla” per fare, tra i primissimi, servizio di taxi, parcheggiando, proprio come sostano ora, davanti al Teatro Donizetti. Conosce e sposa nel ’33 Candida Lazzaroni, degli storici Lazzaroni di Borgo Canale, con la quale, vendute le macchine, apre un negozio all'inizio di Via Quarenghi. Ma di nuovo, la prospettiva di un miglioramento economico, lo spingono ad accettare il lavoro di autista e nel ’35 parte per l’Eritrea dove era appena stata costruita la città metropolitana (ossia italiana) di Asmara.
Una foto di quegli anni lo ritrae sereno, in mezzo ad orgogliosi “Ascari”, nonostante la vita non certo facile e comoda.
Scoppia la guerra con l’Etiopia ed, essendo stato militarizzato, gli capita di essere testimone di fatti cruenti (il massacro del cantiere della Gondrand effettuato dagli abissini di ras Cassà nelle retrovie dell’esercito, ecc.) e di rischiare più volte la pelle. All'inizio del ’36 viene però rimpatriato, quasi in fin di vita, per un forte attacco di malaria dal quale riesce però a riprendersi. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale viene richiamato in Artiglieria a Novara ma poi, per l’età e numero di figli (era nata nel frattempo Bruna, la quarta della serie), spostato in riserva nella Milizia Territoriale di Bergamo; e come autista presterà servizio anche lungo la nuovissima autostrada Bergamo-Milano dai ponti della quale i ragazzini (anche allora) tiravano sassi sulle pochissime auto i transito. Alla fine della guerra, riprende l’attività commerciale, fino alla fine, con la moglie Candida, entrambi amati e stimati nel quartiere di San Leonardo. Si spegnerà a Bergamo all'età di 68 anni; dopo nove anni, alla stessa sua età e nello stesso giorno, se ne andrà anche la sua amata consorte.

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